28 ago 2015

"Mandarini" di Akutagawa Ryunosuke

Come avrete notato dal sottotitolo del blog ("studi e traduzioni"), nel tempo libero mi dedico anche a studiare la cultura e la letteratura giapponese e di tanto in tanto traduco qualcosa.

Non so se siete a conoscenza del mio incondizionato amore per Akutagawa Ryunosuke.
Sì, lo adoro. Ho letto quasi tutto quello che era stato tradotto in italiano, e l'ho persino incluso nella mia tesina di maturità.



"Akutagawa è considerato uno dei più grandi scrittori del Giappone moderno, e il più emblematico dell’Era Taishō in quanto il periodo della sua produzione letteraria coincide con i 14 anni del regno e rispecchia in gran parte il disagio e la confusione di una società strappata dalle proprie radici e gettata in pasto all’industrializzazione nel giro di mezzo secolo.

I principali lavori di Akutagawa sono novelle e racconti; alcuni sono originali, altri invece si ispirano a storie e favole della letteratura classica giapponese caricate di significati moderni. 
Essendo un modernista e un profondo innovatore della letteratura giapponese sperimenta stili diversi e tecniche differenti specialmente tramite i punti di vista di tanti personaggi.
L’opera più sperimentale è “Yabu no Naka (Dentro la foresta)” del 1922, dove ad un processo per l’omicidio di un samurai ogni testimone oculare (compreso lo spirito del defunto) danno una versione diversa dei fatti, dimostrando quanto la verità sia astratta e inafferrabile, e quanto l’essere umano sia capace di mentire. Consiglio a chi vi voi avesse tempo la visione del film “Rashōmon” diretto da Akira Kurosawa e ispirato a questa storia; il film è facilmente reperibile online sottotitolato in italiano in quanto non più soggetto a copyright.
Nelle sue opere Akutagawa affronta, oltre ai temi dell’egoismo e del valore dell’arte, una tematica che nessuno scrittore giapponese aveva mai analizzato: la bruttezza in contrapposizione alla bellezza. In un Paese che era sempre stato sensibile verso la bellezza fino ad arrivare al suo nocciolo essenziale, Akutagawa inverte la marcia; si può dire che si limiti a descrivere ciò che vede – ovvero un paesaggio straziato dalle fabbriche, dalle miniere e dalle ferrovie, masse operaie disperate, uomini senza più identità, nati dentro una società millenaria, morti impazziti in un mondo irriconoscibile.
Akutagawa stesso non riesce a capire se questo cambiamento sia stato negativo o positivo. Dentro di lui combattono due posizioni diametralmente opposte: una con la passione per la letteratura occidentale, le traduzioni, l’innovazione; l’altra invece soffre, osserva sparire una ad una tutte le cose belle e caratteristiche del suo Paese. La sua sensibilità alla bellezza viene urtata ogni giorno.
I suoi testi non sono denunce né critiche; sono il punto di vista di qualcuno intrappolato fra le onde del mare che non sa bene dove la corrente lo trascinerà – sicuramente lontano dalla spiaggia. Prende nota di tutto ciò che vede sentendosi stordito e non sa dire se davvero la vita fosse migliore prima del grande cambiamento.
La sua morte arriva alla fine di un’epoca emblematica, il tramonto di una civiltà secolare e del tutto unica; si può quasi dire che Akutagawa muoia insieme al Sole del Giappone."

Ma chi era, effettivamente, Akutagawa?

"Ryūnosuke Niihara nasce a Tokyo nel 1892.
Quando ha solo un anno, la madre già anziana impazzisce; viene dunque adottato dallo zio materno e cambia cognome in Akutagawa.
Gli zii sono discendenti di samurai e provvedono a crescere Ryūnosuke in un ambiente ricco di affetto e di stimoli intellettuali; fin da giovane si appassiona alla letteratura e alle opere di Natsume Sōseki.
Nel 1913 riesce ad accedere all’Università Imperiale di Tokyo, più precisamente nella facoltà di letteratura inglese; si appassiona alla letteratura europea (in particolare Maupassant e Dostoevskij).
Nel 1914 si occupa insieme a dei compagni di una rivista letteraria, dove inizierà a pubblicare traduzioni e propri lavori.
Trova l’ispirazione per scrivere a seguito di una delusione d’amore giovanile e realizza il suo lavoro più celebre, “Rashōmon” (1915).
Tra il 1915 e il 1916 si iscrive addirittura ad un circolo letterario dove incontra Natsume Sōseki. Sarà proprio quest’ultimo il primo ad apprezzare i lavori di Akutagawa.
Nel 1917 consegue la laurea e si trasferisce nella città marittima di Yokosuka dove per breve tempo insegna inglese nella Scuola di Ingegneria Navale. L’anno successivo sposa una donna di nome Fumi da cui avrà tre figli.

Il 1919 segna il successo di Akutagawa e la fine di tutti i suoi problemi economici; l’autore può ritornare a Tōkyō dove si dedica solo alla scrittura e al giornalismo.
E’ proprio per il suo giornale che nel 1922 si reca in Cina; il viaggio lo segnerà irrimediabilmente.
Per prima cede la salute; al suo ritorno Akutagawa dovrà affrontare infezioni intestinali che per anni non riesce a curare.
In seguito Akutagawa va incontro ad un progressivo degrado mentale; un suo amico viene dichiarato pazzo e l’ombra della madre naturale torna a rifarsi viva, accompagnata dalla paura incontrollabile dello scrittore, che teme di impazzire come lei. Tutto ciò è aggravato da un ambiente letterario che inizia ad orientarsi verso il sociale, togliendo all’autore anche la certezza di potersi mantenere da vivere scrivendo con il suo stile sperimentale.
Inizia ben presto a soffrire di esaurimenti nervosi ed allucinazioni. Scrive due romanzi autobiografici in questo periodo, entrambi molto tristi e angoscianti; uno in particolare, “Vita di un Folle” viene citato nella sua ultima lettera all’amico Masao Kume come l’analisi precisa e approfondita del suo stato d’animo; unico elemento non preso in considerazione è il fattore sociale.
Nella lettera Akutagawa scrive che, nonostante si trovi alla fine dell’era Taishō, sente che “l’ombra del feudalesimo continua a proiettarsi sulla sua vita” e che tutto ciò gli dà “un vago senso di inquietudine a proposito del suo futuro”.
Scrive all’amico di aver progettato il proprio suicidio nei minimi dettagli perché sia dignitoso e indolore, e aggiunge di non considerarlo un atto peccaminoso ma necessario. La paura della morte che lo rendeva umano lo ha abbandonato al punto che non riesce più a “godere neanche del cibo o delle donne”.
Nel 1927 si suicida ingerendo una dose massiccia di Veronal, un sedativo prescrittogli pochi giorni prima dal suo medico."

 (Biografia sintetica tratta dalla mia tesina di maturità)



"Mandarini" è un racconto breve che difficilmente troverete nella libreria sotto casa.
Fu tradotto in italiano nel dopoguerra e la raccolta in cui fu pubblicato non è più in stampa da anni - purtroppo! Conteneva i racconti più belli di Akutagawa, compreso "Rashomon" e "Il Paravento infernale"! - quindi ho deciso di cimentarmi per la prima volta nella traduzione di un testo letterario.


Il testo originale si trova qui --> Mikan - Akutagawa Ryunosuke

Il testo tradotto in italiano da me lo scaricate qui --> Mandarini - Akutagawa Ryunosuke
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